Frommel, Sabine - Tassin, Raphaël (dir.): Arts et Pouvoirs. Un dialogue entre continuité, ruptures et réinvention, coll. Hautes Etudes (Histoire de l’art/Storia dell’arte), 400 p., 16.5x24 cm, 130 ill. in b/n, ISBN : 9791280956071, 40 €
(Hermann Editions/Campisano Editore, Paris/Rome 2022)
 
Reseña de Daniela del Pesco
 
Número de palabras : 2388 palabras
Publicado en línea el 2023-08-28
Citación: Reseñas HISTARA. Enlace: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=4737
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       Il volume raccoglie i contributi presentati ai seminari organizzati dal 2014 in poi dal gruppo di ricerca HISTARA (Histoire de l’Art, des Représentations et de l’Administration dans l’Europe moderne et contemporaine, EA 7347). L’équipe riunisce ricercatori e dottorandi provenienti da paesi e ambiti diversi con l’obiettivo di elaborare nuovi studi, intrecciando i metodi e le conoscenze della storia dell’arte con quelli della storia culturale, sociale, politica e delle istituzioni, delle idee e delle mentalità.

 

      Come si legge nell’introduzione, il libro è dedicato «alla dialettica tra la creazione artistica e l’esercizio del potere, considerando le rappresentazioni testuali, grafiche, figurative e architettoniche come fonti e oggetti di studio storico».

 

     È strutturato in quattro sezioni: la prima presenta alcune strategie di autorappresentazione del potere di una nazione nel quadro di una visione diacronica, dall’antichità alla fine del XX secolo.

 

      L’uso delle immagini al fine di promuovere l’integrazione tra autorità e contesto politico è affrontato nei saggi di François Queyrel e di Alessia Bauer. Queyrel mette in luce come i Tolomei, sovrani d’Egitto nel IV e III secolo a.C., allo scopo di legittimare il proprio potere presso i sudditi si proposero, nei ritratti destinati ai possedimenti greci, con un’immagine dotata di caratteristiche analoghe a quelle dei sovrani ellenistici e come, invece, in quelli destinati ai territori egiziani, preferirono adottare i modi propri alle immagini dei Faraoni.  

 

       Alessia Bauer propone una nuova lettura della pietra runica di Jelling 2 (Copenhagen, Nationalmuseet), realizzata intorno al 965-970 per volere di Harald I di Danimarca. Manufatto figurato, corredato da un testo e inserito nel paesaggio, va interpretato come un manifesto politico destinato a rivendicare l’integrazione del regno nell’area culturale europea.

 

       Da un altro punto di vista, Émilie d’Orgeix dimostra come, nella Francia dei secoli XVII e XVIII, la rappresentazione dei confini delle città esprima efficacemente la materializzazione del potere su scala territoriale, evidenziata dalla creazione delle aree non edificandi intorno ai centri urbani e dalla loro registrazione nella cartografia.

 

       Emmanuelle Chapron chiarisce il ruolo svolto nella promozione di strategie politiche e culturali dalle biblioteche francesi visitate da viaggiatori europei negli anni che precedono la Rivoluzione francese.

 

       Il messaggio affidato ad un materiale come il marmo tratto da cave locali, è indagato, invece, da Ariane Varela Braga che ne illustra l’impiego nella Svizzera del XIX secolo. Diversi casi sul territorio e la valorizzazione nelle grandi esposizioni internazionali nella seconda metà del XIX secolo rivelano un legame tra l’uso di questo tipo di marmo e la rappresentazione simbolica dello Stato elvetico.

 

       Florence Descamps mostra come un intervento della fine del XX secolo, il nuovo ministero dell’Economia e delle Finanze a Paris-Bercy, fornisca un’espressione monumentale dello Stato francese e della potenza ed efficacia della sua amministrazione.

 

       La seconda sezione del volume, intitolata «La commande artistique et le(s) pouvoir(s)», si sviluppa intorno al tema della committenza artistica promossa da vari tipi di potere – religioso, politico, economico –, con studi che indagano i meccanismi decisionali, gli attori e le dinamiche poste in campo.

 

       Nicolas Trotin propone un’analisi dettagliata della progettazione dell’altare maggiore della cattedrale di Rouen, realizzato tra il 1732 e il 1738 dall’architetto parigino Jean-Sylvain Cartaud, un’opera che rivela la volontà dei committenti di seguire il modello dell’altare maggiore di Notre-Dame, in modo da creare, nella capitale normanna, un monumento di prestigio quanto quello della cattedrale di Parigi, capitale dello Stato.

 

       Clément Savary studia come le congregazioni religiose francesi elaborino la loro immagine identitaria nel periodo tra il XVII e il XVIII secolo, quando l’indebolimento del potere temporale dà inizio al loro declino. Le serie di ritratti di abati, spesso esposti nelle parti “pubbliche” delle abbazie, così come i dipinti che rappresentano l’architettura delle case conventuali, restituiscono la storia e gli orientamenti delle varie comunità monastiche esibendo vitalità e permettendo di rivendicare il proprio ruolo.

 

       Rachel Lauthelier-Mourier documenta come la passione per gli oggetti Moghul e per le gemme importate dell’India che si registra in Francia nella prima metà del XVII secolo attesti una volontà di apparire da parte delle classi agiate europee, e, quindi, come questo gusto si diffonda presso un pubblico più vasto nella seconda metà del secolo. Un successo che nel 1687 provoca addirittura l’emanazione di un editto con il quale il potere reale interviene per regolare la circolazione di questi manufatti e proteggere la produzione e le tendenze nazionali.

 

       In questa sezione sono inseriti anche saggi che mettono a fuoco le vicende di alcuni edifici particolarmente significativi come espressione degli indirizzi politici di una nazione o di una comunità. Adrián Almoguera si concentra sulla serie di progetti per il Palazzo Reale di Madrid, redatti dopo un devastante incendio del 1734, la realizzazione dei quali fu annullata a causa di innumerevoli eventi politici e cambiamenti di regime.

 

       Tra il 1838 e il 1840 si svolge la costruzione della sinagoga di Dresda, ideata da Gottfried Semper, oggetto dello studio di Barbara von Orelli-Messerli. La vocazione politica che informa il cantiere, programmato dopo l’emancipazione degli Ebrei nel regno di Sassonia, si manifesta all’esterno dell’edificio nella ricerca di equilibrio tra influenze locali e identitarie; all’interno, invece, porta ad adottare il linguaggio architettonico moderno, adeguato alle esigenze di un ebraismo riformato, pur presentando riferimenti orientalizzanti, e, per qualche aspetto, di matrice islamica.

 

       Uno sguardo alla seconda metà del XX secolo è proposto da Christel Naujoks, che studia le condizioni della committenza e l’accoglienza riservata al soffitto dell’Opéra Garnier di Parigi, inaugurato nel 1964, opera affidata a Marc Chagall per volontà di André Malraux, ministro della cultura (1959-1969).

 

       La terza sezione del volume, «Administrer les arts, les artistes et une politique culturelle», esamina il rapporto tra gli artisti e il potere ponendo l’accento sulle scelte di gestione e di controllo della produzione artistica. Particolare attenzione è rivolta alla circolazione degli artisti in ambito europeo nel quadro dei rapporti e della competizione tra gli Stati più influenti, considerando le modalità della loro assunzione e del loro adeguamento alle condizioni di lavoro nel paese ospitante.

 

       Sabine Frommel approfondisce le motivazioni e le dinamiche che, nel XVI secolo, spingono architetti, pittori e scultori ultramontani, fiorentini in particolare, a mettersi al servizio di Francesco I, principalmente a Fontainebleau. Viene indagato il ruolo dei mediatori impegnati in questi reclutamenti e il mutevole svolgimento di carriere e condizioni di vita, analizzati nel quadro dei rapporti con il sovrano e delle dinamiche dell’ambiente della corte, favorevoli o ostili. Dallo studio emerge anche come le varie pratiche artistiche messe in campo dagli artisti stranieri non siano state assimilate in modo omogeneo, ma in misura variabile, condizionata dal confronto con le tradizioni locali, particolarmente influenti nel caso dell’architettura e della scultura del tardo gotico.

 

       Raphaël Tassin focalizza il suo interesse sull’architettura monumentale alla corte di Lorena tra il XVII e la prima metà del XVIII secolo, e sul ruolo degli architetti nella messa a punto di una attività destinata a compensare la debolezza politica e diplomatica del ducato, in perpetua ricerca di equilibrio tra le influenze della Francia e quelle del Sacro Romano Impero. Tra il 1610 e il 1720 si assiste ad un’evoluzione della pratica architettonica che viene regolata dalla nomina di un sovrintendente alle costruzioni, sul modello francese. Architetti stranieri, francesi e italiani, intervengono molto spesso in “concorsi” dedicati a conferire a Nancy il volto di capitale, competizioni che mettono a confronto artisti locali ed esterni, dando luogo a vivaci dibattiti sulla disciplina, alimentati da varie tendenze.

 

       Raluca Muresan e Ádám Németh rivolgono il loro sguardo all’Impero asburgico nel XVIII secolo, dove i funzionari operano in un contesto di riforma e di burocratizzazione che determina una razionale organizzazione della formazione degli architetti funzionari dello Stato.

 

       Jean-Miguel Pire si concentra sui meccanismi della politica culturale francese in momenti storici assai diversi, esaminando due situazioni fondamentali. La prima riguarda il regno di Francesco I che, attraverso una serie di provvedimenti, quali l’editto di Villers-Cotterêts, promulgato per imporre l’uso della lingua francese nei documenti ufficiali, o la fondazione del Collège royal, elabora una vera e propria politica nazionale “dello spirito”. La seconda situazione considerata si verifica al seguito alla Rivoluzione francese quando Nicolas de Condorcet, nei suoi scritti Rapport sur le projet de décret relatif à l’organisation générale de l’instruction publique (1792) e Cinq Mémoires sur l’instruction publique, propone un programma di istruzione universale visto come priorità per lo Stato sulla base della convinzione che conoscenza e cultura siano uno strumento di emancipazione e di progresso per la popolazione.

 

       La quarta e ultima sezione, «Arts, stratégies et propagandes», raccoglie saggi incentrati sulle relazioni tra potere, arte, strategie militari e programmi propagandistico-celebrativi. Tradizioni, vittorie e rivendicazioni sono rappresentate in opere che oscillano tra visione idealizzata del passato e realtà contemporanea, alla ricerca di espressioni sempre più persuasive, stimolate dalla competizione tra le potenze europee.

 

       Un primo sguardo è dedicato a eventi di spettacolo. Marina Viallon sviluppa una riflessione attorno ai tornei organizzati alla corte di Francesco I al fine di celebrare le vittorie militari e la gloria dell’esercito francese. Olivier Christin e Fabrice Flückiger considerano la rappresentazione del «balletto delle virtù», avvenuta nel febbraio 1684 alla corte del principe elettore Carlo II a Heidelberg, che si avvalse dell'uso delle immagini di concetti morali, come la costanza o la dedizione, per valorizzare le qualità del Principe.

 

       Una ricca fucina di tecniche di persuasione e di diffusione di messaggi propagandistici si sviluppa nell’ambito dalla Rivoluzione francese. Emmanuel de Waresquiel ripercorre la storia della piazza della Bastiglia dopo il 14 luglio 1789 e, considerando la distruzione della fortezza e i diversi progetti di riqualificazione del sito, si interroga sui valori politici e simbolici di questi avvenimenti e delle proposte avanzate. Aude Nicolas si concentra sulle strategie iconografiche dell’epoca di Napoleone I, messe a punto con la supervisione di Vivant Denon, riscontrabili nei dipinti che rappresentano le grandi battaglie durante il Consolato e il Primo Impero. Martin Motte affronta un aspetto poco conosciuto della carriera di Eugène Viollet-le-Duc, quella di teorico e ingegnere militare nel periodo della guerra franco-tedesca del 1870.

 

       Infine, Jean-Philippe Dumas allarga la prospettiva degli studi alla tecnica fotografica come strumento della propaganda moderna e come erede della tradizione della pittura di storia, considerando, in particolare, il suo uso da parte di Aristide Briand per immortalare eventi di rilevante importanza all’indomani della Prima guerra mondiale.

 

       L’insieme di questi studi, che si esplicano in una prospettiva europea dall’osservatorio previlegiato della storia e della storia dell’arte francese, dà un contributo rilevante allo sforzo di capire e interpretare la produzione artistica nei suoi diversi aspetti, non limitandosi a esaminarne le forme o le linee di evoluzione stilistica.  

 

       Approfondire i ruoli dei committenti, nonché le caratteristiche materiali di un progetto, le modalità di realizzazione delle opere, la dialettica tra creazione e procedure di gestione e comunicazione permette, innanzitutto, di ampliare la conoscenza dei manufatti artistici ed architettonici.

 

       Le acquisizioni in campo artistico presentate nel volume si integrano con la riflessione sul concetto di potere in linea con la tendenza della storiografia che cerca di approfondire le vicende dei contesti sociali, religiosi, intellettuali nelle loro espressioni tangibili, materiali e funzionali fino a coglierne livelli di significato, valenze simboliche, ruoli politici persuasivi.

 

       L’ampio quadro cronologico adottato ha consentito di rivelare sia alcune persistenze che si esplicano trasversalmente tra periodi storici diversi, che rotture che hanno indotto cambiamenti.

 

       Gli esempi considerati, eterogenei e legati a una vasta gamma di situazioni, hanno fatto ulteriormente luce sulla migrazione di idee, forme e tecniche in un quadro europeo, permettendo di conoscere come vari gruppi sociali e religiosi abbiano reagito a situazioni e sfide analoghi in momenti diversi.

 

       È auspicabile che questo indirizzo di studi si esplichi ulteriormente con la proposta di nuovi casi e verifiche che ci permettano una ancora più profonda e rinnovata conoscenza dell’identità culturale europea.

 

 

 

Table des matières

 

Introduction, 7

Sabine Frommel, Raphaël Tassin

 

 

AUTOREPRÉSENTATION ET MISE EN SCÈNE DU POUVOIR

 

Alexandre et les premiers Ptolémées, rois et pharaons en Égypte, 17

François Queyrel

 

La pierre runique de Jelling 2 comme « manifeste » de pouvoir, 25

Alessia Bauer

 

Instrumentaliser le vide périurbain : les abords de la ville et la matérialisation du pouvoir (XVIIe-XVIIIe siècles), 37

Émilie d’Orgeix  

 

Voyager dans les bibliothèques (France, XVIIe-XVIIIe siècles), 47

Emmanuelle Chapron

 

Du marbre en terre helvète. Matérialité et symbolique du marbre en architecture à l’âge des États-nations, 61

Ariane Varela Braga

 

Comment se donnent à voir les institutions. Bercy, une projection architecturale du pouvoir des Finances à la fin du XXe siècle, 71

Florence Descamps

 

 

LA COMMANDE ARTISTIQUE ET LE(S) POUVOIR(S)

 

L’aménagement du choeur de la cathédrale de Rouen, 93

Nicolas Trotin

 

Portraits et architectures : la mise en image des communautés monastiques modernes (XVIIe-XVIIIe siècles), 105

Clément Savary

 

De la mode de l’Inde à la prohibition des « indiennes » : richesses, goût et politique au Grand Siècle, 119

Rachel Lauthelier-Mourier

 

Le palais et la ville face à l’histoire. Mutations d’un lieu de pouvoir à Madrid (1770-1820), 135

Adrián Almoguera

 

La synagogue de Dresde (1838-1840) par Gottfried Semper, entre exigences étatiques et artistiques, 147

Barbara von Orelli-Messerli

 

Chagall, Malraux, et l’Opéra : réception d’un mécénat étatique : 161

Christel Naujoks

 

 

ADMINISTRER LES ARTS, LES ARTISTES ET UNE POLITIQUE CULTURELLE

 

« ...non fu mai singniore nesuno che se ne diletasi tanto quanto fa questo Re » : la relation versatile entre pouvoir et art chez des artistes italiens à Fontainebleau sous le règne de François Ier, 173

Sabine Frommel

 

Architecture et pouvoir à la cour des derniers ducs de Lorraine (1608-1729), 191

Raphaël Tassin

 

Pratiquer l’architecture en tant qu’administrateur dans la monarchie des Habsbourg au XVIIIe siècle. Les exemples de Johann B. von Schilson et Andrea L. Adamich, 205

Raluca Muresan/Ádám Németh

 

L’otium retrouvé. Entre François Ier et Condorcet, deux moments fondateurs de la « politique de l’esprit », 219

Jean-Miguel Pire

 

 

ARTS, STRATÉGIES ET PROPAGANDES

 

Les triomphes d’un roi-chevalier : François Ier et les tournois, 233

Marina Viallon

 

Le Ballet des Vertus. Trois miroirs du Prince en un livre à la cour de Heidelberg, 245

Olivier Christin & Fabrice Flückiger

 

La Bastille et les métamorphoses de la liberté (1789-1840), 263

Emmanuel de Waresquiel

 

Peindre la bataille sous le Premier Empire : pour une nouvelle lecture des œuvres et de la politique de commande napoléonienne, 275

Aude Nicolas

 

Viollet-le-Duc stratège, ou comment l’Art redevint l’art, 287

Martin Motte

 

L’usage de la photographie par le ministre Aristide Briand, « le pèlerin de la paix », dans les années 1920, 305

Jean-Philippe Dumas

 

 

ANNEXES

 

Index Nominum, 316

 

Les auteurs, 325