De Miro, Ernesto: Akragas graeca. Studi sulla scultura agrigentina. 80 p., in b/n e a colori, 17 x 24 cm; ril. bros., collana Ricerche (8), ISBN 978-88-7849-171-7, € 14,00
(Ante Quem, Bologna 2021)
 
Reseña de Paolo Daniele Scirpo
 
Número de palabras : 1638 palabras
Publicado en línea el 2023-06-19
Citación: Reseñas HISTARA. Enlace: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=4483
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       Esce, per la casa editrice Ante Quem di Bologna, la raccolta di piccoli saggi a firma di Ernesto De Miro (d’ora in poi A.) sulla scultura greca di Akragas. Massimo esperto delle antichità acragantine, dato il suo illustre trascorso nella locale Soprintendenza archeologica, l’A. narra con uno stile asciutto e chiaro piccole storie dedicate ad alcuni delle opere d’arte più significative della Sicilia greca.

 

       Dopo la presentazione di Roberto Sciarratta, direttore del Parco della Valle dei Templi (p. 5), nella prima parte l’A. si sofferma ad analizzare le sculture in pietra e marmo, partendo dalle due teste marmoree di Kouros, inquadrabili cronologicamente nel VI secolo a.C. (pp. 7-9); il successivo intervento è dedicato all’Efebo di marmo che l’A. identifica, sulla base delle testimonianze letterarie (Pindaro, Eliano e Stefano di Bisanzio), come la raffigurazione da giovinetto del fiume eponimo Akragas, databile fra il 485 ed il 470 a.C., comunque sia coeva alla tirannide di Terone[1](pp. 10-17). Nelle pagine sul c.d. Guerriero di Agrigento (pp. 18-27), respingendo in parte o in toto le letture successive[2], l’A. ribadisce la sua opinione[3] sulla statua frammentaria in marmo pario, databile al 480 a.C., opera fra le più antiche di Pitagora di Reggio, al servizio della corte teroniana. Appartenente alla decorazione frontale del Tempio A (che l’A. ritiene dedicato ad Herakles)[4], essa rappresenterebbe il Kyknos, sconfitto in duello dal figlio di Zeus, sotto lo sguardo di Athena. Attribuibile secondo l’A. ad un Kouros è la testa forse femminile in calcare, di officina magnogreca (p. 28), mentre la testa femminile in marmo, rinvenuta (1954) in un pozzo, è identificata come Demetra ed attribuita ad un artista locale che risente degli influssi di Agoracrito di fine V secolo a.C. (pp. 29-31). Altrettanto dicasi per un altorilievo in pietra arenaria, rinvenuto in un pozzo a Nord del tempio A, con una figura femminile stante (pp. 32-33). Ritrovata nel riempimento dell’abaton nell’Asklepieion durante gli scavi condotti dall’A.[5], la piccola statua marmorea del dio, databile alla prima metà del III secolo a.C., rappresenta una replica in piccolo di una statua di culto di IV secolo a.C., che adornava il tempio (pp. 34-36). Nelle vicinanze è stata rinvenuta anche una testina in marmo di Hygeia, replica del IV-II secolo di un’originale del IV secolo a.C. (p. 37). Il torso maschile in marmo pentelico, di provenienza ignota, pubblicato da Pietro Griffo[6], apparteneva alla vecchia collezione del museo comunale e sembra ricordare per la posizione del corpo il satiro versante di Prassitele (p. 38). Il torso marmoreo di efebo, rinvenuto (1955) negli scavi diretti dall’A. nel Quartiere ellenistico-romano, riproduce in piccolo un’opera originale di scuola Rodia, databile alla metà del II secolo a.C.[7] (pp. 39-41), mentre la piccola replica dell’Afrodite al bagno, di provenienza ignota, riproduce un’originale di scuola rodia, diversa però dall’opera di Doedalsas, databile al II secolo a.C.[8] (pp. 42-43).

 

       L’A. poi passa in rassegna gli esemplari di plastica architettonica provenienti dai santuari: le grondaie leonine dell’Olympieion (p. 44), quelle dal tempio di Demetra sulla Rupe Atenea (pp. 45-46), quelle dal tempio A (p. 47) che ha restituito due serie cronologicamente diverse, alcune da un edificio non individuato (pp. 48-49), ed infine, una dal tempio di Asclepio (p. 50). Tutti gli esemplari esaminati si datano dalla fine del VI al IV-III secolo a.C.

 

       La seconda parte del volumetto è dedicata interamente al programma figurativo del tempio di Zeus Olympios (pp. 57-77) a partire dal riesame delle fonti antiche (Diodoro, Polibio, Nevio e Vitruvio) e moderne (da Fazello, Goethe, a Cockerell fino all’opera di Koldewey e Puchstein), che riferiscono rispettivamente della magnificenza del tempio e le prime osservazioni sull’ammasso di rovine visitate dai viaggiatori nel corso dei secoli. Qui, però, si avverte la mancanza di un apparato fotografico che illustri le varie e multiformi ipotesi ricostruttive del tempio, citate nel testo. Nell’esporre la tesi proposta da Bell[9], che data l’edificio al decennio precedente (490-480) alla battaglia di Himera, l’A. ne sottolinea la lettura fortemente influenzata dalla “numerologia pitagorica”, giunta ed alimentata ad Akragas dal pensiero del giovane Empedocle. L’A. concorda inoltre nello spostare il c.d. Guerriero in marmo dal frontone del tempio A a quello di Zeus. Al contrario, l’A. respinge in toto la ricostruzione offerta nella tesi di dottorato da Pieter Broucke[10], che fa derivare il grande tempio dalla monumentalizzazione sacra del piccolo sacello d’età arcaica[11], e pur accettando (solo a principio) come plausibile il nome di Feace quale architetto autore dell’opera, non concorda sul fatto che gli elementi decorativi siano per lo più visti come accorgimenti tecnici di un edificio rimasto, dopo il crollo della tirannide emmenide, sostanzialmente incompiuto. Al poeta Pindaro[12], conterraneo di Esiodo, si deve l’ispirazione che animò lo sconosciuto per noi Maestro dell’Olympieion, autore non solo dei Telamoni ma anche delle decorazioni frontali limitate alle stoai laterali, che, come riferisce Diodoro, illustravano la Gigantomachia (ad Est) e l’Ilioupersis (ad Ovest).

 

       Seppur non esente da pecche editoriali (discutibile appare sia il non utilizzo sistematico della nota a piè di pagina che la mancanza di una bibliografia unica alla fine del volume), e da qualche rifuso tipografico, e pur privo di un estratto in qualsivoglia lingua straniera, il libretto agile e dalla veste tipografica più che dignitosa, arricchita da un apparato iconografico di buona qualità anche se non ricco, permette di effettuare una carrellata diacronica attraverso le testimonianze archeologiche della scultura acragantina.

 


[1] E. De Miro, La scultura in pietra, in Lo stile severo in Sicilia. Dall’apogeo della tirannide alla prima democrazia, catalogo della mostra (Palermo, 10 febbraio – 30 settembre 1990), Palermo, 1990, pp. 107-116. E. De Miro, La scultura greca in Sicilia nell’età classica, in G. Pugliese Carratelli (a.c.d.), I Greci in Occidente, Torino, 1996, pp. 413-420. E. De Miro, L’efebo di Agrigento. Immagine e significato, in R. Gigli (a.c.d.), Megalai Nesoi. Studi dedicati a Giovanni Rizza per il suo ottantesimo compleanno [Studi e Materiali di Archeologia Mediterranea, 3], Catania, 2005, II, pp. 227-240. E. De Miro, Ancora sull’acropoli di Akragas, in Sicilia Antiqua, XVII (2020), pp. 25-40. Rinvenuta in un pozzo tra la fine del 1879 ed il maggio del 1880 da un proprietario terriero e diligentemente consegnata al Museo comunale, entrò così a far parte della collezione del Museo (1882). Essa doveva essere pertinente ad un sacello arcaico, rinvenuto proprio da De Miro, viciniore al pozzo del rinvenimento. Sulla esatta localizzazione e datazione del ritrovamento, cfr. V. Caminneci, G. Scicolone, Verum invenire. La riscoperta dell’Efebo di Agrigento, in Thiasos, 11 (2022), pp. 279-318.

[2] M. Barbanera, Il guerriero di Agrigento: una probabile scultura frontonale del Museo di Agrigento e alcune questioni di Archeologia “siceliota” [Studia Archaeologica, 77], Roma, 1995. G. Adornato, I guerrieri di Agrigento, in Prospettiva, 110-111 (2003), pp. 2-17. C. Marconi, Sculpture in Sicily from the Age of the Tyrants to the reign of Hieron II, in C.L. Lyons, M. Bennet, C. Marconi (eds.), Sicily: Art and Invention between Greece and Rome, Los Angeles, 2013, pp. 159-169

[3] E. De Miro, Il guerriero di Agrigento e la scultura di stile severo in Sicilia, in CronA, VII (1968), pp. 143-156. E. De Miro, Capolavoro della plastica agrigentina e ipotesi ricostruttiva, in A. Tempio, E. Tortorici (a.c.d.), Archippe. Studi in onore di Sebastiana Lagona [Monografie della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici, 2], Acireale-Roma, 2016, pp. 101-104.

[4] Sull’attribuzione del Tempio A, il più antico periptero dorico di Akragas, cfr. G. Adornato, Akragas arcaica. Modelli culturali e linguaggi artistici di una città greca d’Occidente [Archeologia e Arte antica, 3], Milano, 2011.

[5] E. De Miro, Agrigento II. I santuari extraurbani. L’Asklepieion, Soveria Mannelli, 2003.

[6] P. Griffo, Il Museo Archeologico Regionale di Agrigento, Roma, 1987, pp. 198-200.

[7] E. De Miro, Torsetto efebico marmoreo dal Quartiere ellenistico-romano di Agrigento, in ArchCl, X (1958), pp. 94-96, tav. XXIX.

[8] E. De Miro, Statuetta di Afrodite accoccolata al Museo di Agrigento, in ArchCl, VIII, 1 (1955), pp. 48-52, tav. XVIII, 1-2.

[9] M. Bell, Stylobate and Roof in the Olympieion at Akragas, in AJA, 84, 3 (1980), pp. 359-372.

[10] Pieter Boudewijn Felix Juul Broucke, The Temple of Olympian Zeus at Agrigento (Dissertation Ph.D.), Yale University, 1996.

[11] Sulla recente datazione delle due fasi del sacello a Sud-Est dell’Olympieion, cfr. M. De Cesare, E.Ch. Portale, Il santuario di Zeus Olympios ad Agrigento: al di là del tempio monumentale, in M. De Cesare, E. Portale, N. Sojc (eds.), The Akragas Dialogue: New investigations on Sanctuaries in Sicily, Berlin-Boston, 2020, pp. 99-124

[12] Sull’influsso di Pindaro alla corte Emmenide, cfr. P.D. Scirpo, About the Boeotian origin of the Emmenidai’s genos: an indication from Gela, in A. Bierl, M. Christopoulos, A. Papachrysostomou (eds.), Time and Space in Greek Myth, Religion and Culture, Proceedings of the International Conference (Patras, 3rd – 6th July, 2015), [Mythos Eikon Poiesis, 10] Stuttgart, 2017, pp. 217-228.


 

Indice

 

Presentazione [p. 5]

I. Le sculture in pietra e marmo [pp. 7-9]

L’Efebo di Agrigento [pp. 10-17]

Il “Guerriero di Agrigento” [pp. 18-27]

Testa in calcare del Museo di Agrigento (kouros?) [p. 28]

Testa di Demetra (?) [pp. 29-31]

Altorilievo in pietra arenaria [pp. 32-33]

L’Asclepio di Agrigento [pp. 34-36]

Testina di Hygieia [p. 37]

Torso maschile marmoreo [p. 38]

Torsetto efebico marmoreo [pp. 39-41]

Statuetta di Afrodite accoccolata [pp. 42-43]

La plastica architettonica: Grondaie leonine dall’Olympieion [p. 44]

dal Tempio di Demetra sulla Rupe Atenea [pp. 45-46]

dal Tempio A o di Eracle sulla Collina dei Templi [p. 47]

da un edificio agrigentino non individuato [pp. 48-49]

dal tempio di Asclepio [p. 50]

I Telamoni dell’Olympieion [pp. 51-56]

II. Il tempio di Zeus Olimpio e il programma figurativo [pp. 57-77]