La Serra, Cristiana: La Calabria dalla Tarda Antichità al Medioevo. Ricostruzione del paesaggio rurale dell’Altopiano del Poro, Vibo Valentia, (BAR - IS, S3048), 254 pages, ISBN : 9781407357799, £59.00
(BAR Publishing, Oxford 2021)
 
Reseña de Alessandro Sebastiani, University at Buffalo – SUNY
 
Número de palabras : 1057 palabras
Publicado en línea el 2023-06-19
Citación: Reseñas HISTARA. Enlace: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=4311
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       Fino a qualche anno fa, studiare e analizzare il periodo tardoantico ed altomedievale dell’Italia coincideva per lo più con il rapportarsi ai dati provenienti dagli scavi dei castelli toscani, di alcuni contesti dell’Italia settentrionale, ovviamente di Roma, ma era altresì chiara una certa carenza di informazioni per il sud Italia; questo territorio presentava, infatti, una notevole quantità di dati per la Puglia, mentre per la Calabria, la Basilicata e la Sicilia continuavano a mancare ricostruzioni condotte lungo un ampio spettro cronologico. L’interesse era per lo più rivolto alle antichità classiche, di cui queste regioni hanno testimonianze e presenze monumentali, mentre il Medioevo e la fine dell’epoca romana in generale risultavano argomenti marginali nel dibattito storico regionale.

 

       Il volume di Cristiana La Serra parte proprio dalla necessità di ricostruire i paesaggi post-classici della Calabria, offrendo per la prima volta una sintesi sulle dinamiche insediative che si andarono a delineare dalla tarda antichità sino al termine del Medioevo. Quello proposto è un racconto che trova pietre miliari lungo il suo percorso nell’affidabilità dei dati archeologici presentati e nella conoscenza del territorio che l’autrice riesce a trasmettere al lettore sin dall’inizio.

 

       La ricerca archeologica sull’ager Vibonensis inizia con una dettagliata disamina delle caratteristiche geografiche dell’area, assieme ad un’attenta ricostruzione delle informazioni storiche dalla preistoria sino alla conquista romana. In queste pagine si comprende come il comprensorio analizzato sia morfologicamente unico nella regione, singolarità che impone una riflessione sulla determinazione ambientale degli insediamenti e delle loro economie. Le testimonianze di autori antichi come Licofrone o Duride di Samo riescono ad arricchire la trama delle vicende legate agli insediamenti che sin dall’epoca preistorica caratterizzarono questo territorio.

 

       Il secondo capitolo continua la narrazione storica dell’evoluzione del paesaggio calabrese affrontando la rete insediativa e i cambiamenti economici e sociali connessi alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente e il susseguente periodo altomedievale.

 

       Come ben sottolineato sin dal principio, questa transizione tra il mondo romano e quello medievale fu un processo le cui origini devono essere ricercate già nel tardo II secolo d.C.,  concretizzandosi poi nel corso del successivo; il III secolo diviene un momento cruciale per l’approvvigionamento dell’Annona, con l’Egitto ormai interessato a rifornire Costantinopoli, e la Calabria pronta a giocare un ruolo decisivo per l’Urbe, grazie proprio a quella geologia e morfologia favorevole allo sviluppo agricolo delucidata nel capitolo precedente.

 

       Con l’avanzare della tarda antichità, la presenza della Chiesa si fa sempre più costante nel paesaggio rurale, grazie anche alle donazioni di Costantino di vasti territori dell’ager Vibonensis.

 

       A questa fase si riferiscono anche le estese sezioni del volume dedicate alle città di Tropea, Nicoterae e Vibona Valentia, dove l’autrice riesce argutamente a ricomporre l’intricata miriade di informazioni frammentarie provenienti da scavi di emergenza e sistematici al fine di comprendere il ruolo delle sedi episcopali, la loro localizzazione e la funzione amministrativa di tali centri.

 

       Anche gli insediamenti portuali sono interessati dalla ricostruzione storica, basandosi sugli Itineraria, sulla Tabula Peuntingeriana e su dati di scavo più o meno esaustivi.

 

       A conclusione di questo capitolo, l’autrice riesce a fornire un quadro esaustivo del territorio di Vibo Valentia nel periodo tardoantico, proponendo un minuzioso studio delle rotte commerciali ed economiche attraverso l’analisi dei contesti ceramici. Questi confermano il ruolo determinante della Calabria nell’asse Africa-Roma sino almeno al VII secolo e la partecipazione delle produzioni locali a scambi commerciali a lungo raggio, non del tutto esauritisi con la crisi di fine V secolo.

 

       Il capitolo terzo sposta l’attenzione verso il pieno periodo medievale. Un passo decisivo verso il cambiamento nell’organizzazione territoriale ed insediativa si inizia ad intravedere nel corso del VIII secolo, con la costruzione di siti fortificati, la suddivisione delle sedi episcopali, e la presenza dello Stato bizantino come amministratore principale – seppure, come ben sottolineato, alquanto assente. La visione archeologica delle campagne militarizzate e accentrate così come ci viene restituita potrebbe essere stata mitigata dalla presenza di altri tipi di insediamenti al momento non visibili, ma la cui esistenza non può essere esclusa in una riflessione a priori. D’altronde, molti toponimi del periodo successivo, ovvero quello normanno, potrebbero facilmente riferirsi a preesistenze la cui origine è ancora da indagare e comprendere.

 

       Con l’arrivo di Federico II e la rifondazione e riqualificazione del centro di Vibo si assiste all’inesorabile declino dell’amministrazione insediativa bizantina, oramai depauperata delle sue funzioni ed intenti originali. Persistono i contatti economici con il mondo bizantino e l’Oriente, rappresentati dalle attestazioni ceramiche che si mischiano agli alti livelli di artigianato locale che ora si affaccia sul Mediterraneo. Anche in questo caso, l’analisi proposta dall’autrice deve essere lodata per la minuziosa disamina dei reperti e la loro collocazione all’interno di tematiche interfaccianti l’economia e le differenti dinamiche sociali di questa porzione di paesaggio calabro.  

 

       La fine del Medioevo coincide anche con una forte ruralizzazione della Calabria e del territorio del Poro; una situazione che persisterà sino all’epoca moderna, dove i pochi centri urbani andranno a perdere progressivamente la loro identità civica in un contesto in cui le campagne assunsero un ruolo accentratore della popolazione all’interno di villaggi. 

 

       Il capitolo finale con le conclusioni riesce a sintetizzare pienamente tutte le differenti tematiche affrontate all’interno del volume, fornendo al lettore l’immagine di un quadro insediativo in costante divenire e garantendo una sintesi adeguata dei vari agenti politici e sociali a cui tali cambiamenti facevano capo.   

 

       Ogni volume sottoposto a recensione può essere apprezzato per molti dettagli. Questo, in particolare, si contraddistingue per la rigorosa ricostruzione storica, attenuata dalle necessarie interpretazioni preliminari per un territorio che ha ancora molto da regalare allo studioso dei paesaggi post-classici del sud Italia. Se alcune parole devono essere spese per criticare l’opera, queste riguarderanno solamente la scelta del tipo di carta di stampa, che non rende giustizia all’apparato fotografico a colori che accompagna la narrazione. Ovviamente questo non è da ascrivere assolutamente all’autrice.

 

       Il volume si conclude con un’esaustiva e aggiornata bibliografia di riferimento, a rispecchiare la serietà di un’opera che può essere apprezzata sia dagli studiosi locali, sia da quelli di più ampio respiro internazionale e mediterraneo i quali vogliano cimentarsi nella riscoperta della Calabria post-romana, delle sue vicende insediative, culturali, economiche e politiche medievali, diventando infine un ottimo punto di partenza per le future ricerche nella zona.