Sare Ağtürk, Tuna : The Painted Tetrarchic Reliefs of Nicomedia. Uncovering the Colourful Life of Diocletian’s Forgotten Capital, (Studies in Classical Archaeology, 12), XX+200 p., 7 b/w ill. + 255 colour ill., 1 b/w tables, 216 x 280 mm, ISBN: 978-2-503-59478-1, EUR 85,00 excl. Tax
(Brepols, Turnhout 2021)
 
Reseña de Maurizio Buora, Società friulana di archeologia
 
Número de palabras : 1858 palabras
Publicado en línea el 2023-05-23
Citación: Reseñas HISTARA. Enlace: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=4271
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       Il 17 agosto 1999 a Iznik oltre 18.000 persone morirono a causa di un disastroso terremoto. Tra i provvedimenti presi in conseguenza del tragico evento vi furono alcuni scavi archeologici, condotti a partire dal 2001 nel centro della città (p. 3), la quale sorge nell’area dell’antica Nicomedia, già capitale della parte orientale dell’Impero Romano al tempo di Diocleziano. Gli scavi, effettuati fino al 2016 a Çucurbağ, hanno prodotto rinvenimenti di estremo interesse, tra cui ben 66 frammenti scultorei policromi, già appartenuti a un fregio lungo in origine almeno 50 metri, che sono stati oggetto di un progetto scientifico e sono illustrati nel volume oggetto di questa recensione.

 

       Il libro riprende e dà piena espressione a una serie di studi già apparsi su riviste (ad es. in «American Journal of Archaeology», 122, 2018, pp. 411-426; «Techné», 48, 2019, pp. 100-135; «Journal of Roman Archaeology», 30, 2020, pp. 417-431) e si inserisce nel ricco filone delle indagini sulla policromia, che negli ultimi anni ha visto impegnati numerosi studiosi e ultimamente è condensata, per così dire, in B. Kiilerich, Colour in Late Antique Art: An Aestethic Exploration of Polychromy, Bergen 2023.

 

       L’opera in esame è suddivisa in 7 capitoli e due appendici. Dopo un’introduzione (cap. I, pp. 3-24), vi è un capitolo dedicato alla tecnica, allo stile e al colore (II, pp. 24-44), seguito da tre parti relative all’iconografia e alla sua interpretazione (III, pp. 45-70; IV, pp. 71-78 e V, pp. 79-88). Segue la conclusione (VI, pp. 89-92). Il catalogo dei rilievi va da p. 97 a 162. Chiudono l’opera l’appendice I (catalogo dei frammenti più piccoli, pp. 163-180) e le concordanze (pp. 181-182). La bibliografia (pp. 183-190) conta oltre duecento titoli.

 

       Nell’introduzione sono analizzati vari argomenti, che spaziano dalla storia di Nicomedia (pp. 5-8), a quanto la ricerca archeologica ha potuto ricostruire del suo effettivo assetto urbanistico (pp. 8-11), agli scavi di emergenza del 2001 e 2009 e al successivo progetto TÜBITAK (da cui nasce la ricerca che ha portato a questo libro, pp. 11-16). Non manca una spruzzatina di “crime”: infatti uno dei migliori pannelli, quello con l’imperatore e la Vittoria, fu asportato dal cantiere di scavo e successivamente rinvenuto in vendita presso la casa d’aste Gorny & Mosch di Monaco di Baviera; altri due furono recuperati a Iznik nel corso di un’indagine per un omicidio.

 

       Il lavoro di analisi non è stato facilitato dai resoconti di scavo. Infatti «during the 2009 expedition, archaeologist did not have time to record the position of the finds or systematically draw them in situ, and excavation diaries were also lost» (p. 12). Anche a p. 25 si ribadisce che «in absence of any excavations notebooks» molte interpretazioni sono basate sulle fotografie scattate al momento dei rinvenimenti. Per quanto riguarda propriamente l’edificio, in conseguenza della limitatezza del periodo di scavo, né gli elementi architettonici né, soprattutto, il pavimento in opus sectile hanno avuto l’attenzione che avrebbero meritato (p. 18). Su questo, mentre il complesso era ancora in uso, caddero le parti strutturali dell’edificio, molto probabilmente in seguito a un terremoto (forse quello del 358 d.C.). Gli elementi architettonici, di marmo di varia origine e colore, erano estremamente abbondanti. Sono stati riconosciuti tra l’altro capitelli corinzi di marmo proconnesio, di tre misure, colonne di granito eolico di due misure, colonne di cipollino dell’Eubea, colonne piccole di pavonazzetto da Docimium. Sulla base di questi ritrovamenti è stato ipotizzato che il complesso, che doveva essere alto almeno dieci metri, si sviluppasse su due piani. In esso vi erano delle nicchie, mosaicate nella parte superiore con tessere di colore verde e blu, in cui erano certo inserite delle state, come quella di Ercole e di Atena, recuperate.

 

       L’esame dei bordi dei pannelli suggerisce che essi fossero posti in una struttura «undulating», ossia simile a una scena teatrale, con parti sporgenti e altre rientranti (p. 25).

 

       Di notevole interesse anche la parte dedicata alla “scuola” di Nicomedia. La presenza di scultori itineranti attivi al di fuori di Nicomedia, già accertata sulla base delle iscrizioni a Nicopoli ad Istrum e a Leptis Magna, pare confermata dalla migrazione di motivi iconografici in relazione anche alle figurazioni acroteriali del sarcofago di Tortona. Oltre ai pochi esempi di stele illustrati da Ergün Lafli (Roman Portrait Grave Steles from Nicomedia and Bithynia (Northwestern Turkey), “Pontica”, 51, 2018, pp. 434-449), gli studiosi hanno ora la possibilità di esaminare un notevole corpus, ben datato. I caratteri che l’A. evidenzia sono un persistente gusto greco per la rappresentazione naturalistica e il manierismo ellenistico (p. 27), peraltro comuni ad altri esempi dell’Asia Minore.

 

       La prima parte dedicata all’iconografia esamina le raffigurazioni imperiali, che nei nuovi frammenti sono ben otto. Esse appartengono al periodo della diarchia, quando i tratti somatici degli imperatori non sono ancora assimilati e perciò corrispondono ai ritratti monetali eseguiti entro l’inizio degli anni Novanta. Nella immagine più completa Diocleziano è raffigurato leggermente più alto, mentre Massimiano ha vistosi capelli rossi. L’abbraccio tra i due avviene all’incontro di due cortei, allorché gli imperatori scendono dal carro-cathedra. Può darsi che qui sia raffigurato un effettivo vertice, come quello avvenuto nel 288 in luogo non precisato dalle fonti (p. 57), ma potrebbe anche trattarsi di una scena ideale.

 

       Un altro incontro fra Massimiano e Diocleziano, avvenuto in un momento diverso, è rappresentato in alcuni rilievi probabilmente correlati: al centro i due imperatori ai lati di una Vittoria con ghirlanda (rimane solo Massimiano a sinistra) e varie scene di combattimento, che in parte riprendono il modello del condottiero a cavallo già del sarcofago di Alessandro, usato numerose volte, ad esempio nell’arco di Galerio a Salonicco.

 

       In un pannello, per quanto rovinato, si individua Ercole che incorona Massimiano (p. 63). Si tratta della variazione di un motivo che troviamo ad esempio in un aureo emesso nella zecca di Ticinum.

 

       Nell’adventus vediamo seduta la dea Roma con in mano il globo e una statuetta della Vittoria, dietro a lei il Genius e dinanzi, in atto di entrare in città, alcuni personaggi togati di varia età, forse membri della casa imperiale. Fanno parte del corteo anche i vexillarii, con la caratteristica terminazione a V dell’abito (sagum?) tipica dell’età tetrarchica.

 

       Almeno due pannelli parrebbero riferirsi alla storia della città di Nicomedia. Uno rappresenta Poseidone insieme a Nicomede I – vero fondatore della città nel 264 a. C. – e il fiume che scorre vicino. L’altro raffigura Medea con due dei suoi figli, iconografia non bene intesa al momento della scoperta e della sua prima pubblicazione. La scena trova numerosi confronti, specialmente con le rappresentazioni sui sarcofagi romani. L’A. nota che l’abito di Medea è un «old-fashioned chiton» adatto a una scena svoltasi in un lontano passato (p. 77). Dal punto di vista iconografico la rappresentazione è un unicum che non trova confronti neppure nella tradizione letteraria. L’A. acutamente suggerisce che l’accostamento di Medea (gr. Medeia) e del nome di Nicomedia (gr. Nikomedeia) sia alla base della creazione del mito, che sarebbe dunque di origine esclusivamente locale, databile forse alla fine del III secolo d.C.

 

       Segue poi la parte dedicata ai giochi effettuati nella nuova capitale. A questo proposito ben quattro (o forse cinque) rilievi mostrano la corona, premio destinato ai vincitori dei giochi (rispettivamente Olimpici Deia e Capitolia). Nei rilievi di Nicomedia compaiono ben due volte rami di palma sopra le corone (pp. 80 e 81), elemento assente nei rilievi e nelle coeve coniazioni di Perge. Esso si sarebbe poi conservato per più di mezzo secolo, fino alla raffigurazione nel pavimento musivo del salone delle Grandi Terme di Aquileia (metà del IV secolo d.C.). I giochi consistono nella corsa dei carri, forse in una venatio (o una processione in onore dell’imperatore), con elefanti e leoni, nei combattimenti di boxe. Come testimoniato da un rilievo, anche la rappresentazione di tragedie (pp. 86-87) rientrava in queste celebrazioni.

 

       L’opera è ricca di dettagli tecnici. Essi riguardano ad es. il riuso di parti architettoniche (pp. 29-30) con l’utilizzo di nomi scritti in color rosso o sigle incise oppure l’impiego di particolari strumenti, come il trapano, per la capigliatura, le iridi e il fogliame, ma anche per la linea di contorno che separa le figure dal piano di fondo (p. 31).

 

       Dal 2016 i resti della colorazione sono stati esaminati con diversi strumenti (p. 35), rendendo possibile determinare le loro diverse origini, ad es. per il rosso ricavato da ferro, piombo. Degna di nota la presenza del blu egiziano o caeruleum, costosissimo, usato anche per le vesti dei barbari, in contrasto con altre vesti di un rosso acceso, ma soprattutto per gli elementi metallici dell’abbigliamento imperiale (elmo, spade, punte di lancia). Altri colori usati sono il giallo (per la capigliatura dei barbari, la clava e la leontè di Ercole, per l’abito di un littore, per le ruote dei carri), l’oro (per i ricami e gli ornamenti delle vesti dell’imperatore, le zampe dei cavalli), il rosso (capigliatura imperiale, barba), la porpora ricavata dal cinabro (per il paludamentum), azzurro (per la Vittoria), nero (per baffi, sopracciglia, pupille). I colori venivano applicati ai pannelli già montati, con larghe pennellate e grande rapidità, talvolta uscendo dai limiti delle figure. Non manca anche l’indicazione di ombreggiature, ad es. nel volto dei barbari. Ovviamente il tutto era eseguito tenendo conto della possibilità di una visione da lontano, il che portava ad accentuare i contrasti e a preferire le tinte forti.

 

       Nel complesso i rilievi di Nicomedia esprimono da un lato l’adesione a una tradizione iconografica ben radicata (barbari prigionieri, scene di combattimento, giochi, adventus etc.) e dall’altro introducono elementi nuovi propri della propaganda imperiale nel tempo della diarchia (forse anche l’abbraccio tra i due imperatori?). È forse questo uno dei maggiori motivi di interesse dei rilievi stessi.

 

       Le oltre trecento illustrazioni, per lo più a colori, impreziosiscono l’opera, la cui parte finale è dedicata al catalogo dei 66 frammenti più significativi, contenenti i dati relativi alle dimensioni, alla condizione attuale, ai dettagli tecnici e la descrizione e discussione di ogni singolo pezzo. Seguono 115 schede per i frammenti minori (tra cui figura anche qualche testa).

 

       La nuova abbondante documentazione offrirà agli specialisti la possibilità di analizzare le diverse officine operanti nel complesso, che apparteneva con tutta probabilità al palazzo imperiale di Massimiano.

 

       Si tratta, dunque, di un libro bellissimo, addirittura straordinario, che esamina in maniera approfondita un complesso di enorme rilevanza e che viene ad accrescere la nostra conoscenza dell’arte tetrarchica, specialmente della sua prima fase. Ritengo che esso non dovrebbe mancare nella biblioteca di chi si interessa di storia dell’arte antica o dell’Asia Minore, ma anche di iconografia.

 

 

TABLE OF CONTENTS

 

Preface

Chapter 1. Introduction: Nicomedia, Archaeology, and History

Chapter 2. Technique, Style, and Colour

Chapter 3. Iconography and Interpretation I: Imperial Depictions: Emperors in War and Triumph

Chapter 4. Iconography and Interpretation II: Mythological Depictions: Eponymous Heroes of Nicomedia

Chapter 5. Iconography and Interpretation III: Agonistic Depictions: Games and Festivals of the ‘New’ Imperial Capital

Chapter 6. Conclusion and Turkish Summary (Türkçe Özet)

Chapter 7. The Reliefs: A Catalogue

Appendix I: Catalogue of the Smaller Relief Fragments
Appendix II: Concordance of Catalogue and Inventory Numbers

Bibliography

Index