Lindner, Martin (Hg.): Antikenrezeption 2013 n.Chr. (Rezeption der Antike, Bd. 1), 163 Seiten, ISBN: 978-3-938032-65-7, € 35,90
(Verlag Antike, Heidelberg 2013)
 
Compte rendu par Claudio Franzoni
 
Nombre de mots : 1523 mots
Publié en ligne le 2014-08-28
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
Lien: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=2162
Lien pour commander ce livre
 
 
          

           Il volume presenta i risultati di una giornata di studi svoltasi presso l’Università di Göttingen nel novembre 2012 sul tema della ricezione dell’Antico tra il medioevo e la contemporaneità. Si tratta di cinque saggi che spaziano in ambiti anche molto distanti l’uno dall’altro, dalla letteratura allo sport, dalla politica al cinema e alla televisione, immergendosi così nel complesso intreccio tra livelli “alti” e livelli popolari che tanto caratterizza la cultura dei nostri anni e, di conseguenza, la stessa ricezione dell’antichità 

 

         Dopo l’introduzione del curatore Martin Lindner, il primo saggio è quello di Susanna Phillippo (Greek through the back door? Medieval Troy romances and the transmission and reception of Greek literature, pp. 15-46). Phillippo affronta il problema della conoscenza della letteratura greca durante il medioevo, in particolare per quanto riguarda la saga di Troia; rimarca il possibile ruolo degli autori bizantini (Giovanni Malala) e fa notare che nell’Italia meridionale la frequentazione della lingua e dei testi greci doveva essere relativamente facile. Il problema è anche cogliere in che misura Ditti Cretese, Darete Frigio e Ilias Latina – la principale via di contatto con Omero nell’Europa medioevale occidentale – siano legati ai testi omerici e alla tragedia greca; nello stesso tempo occorre stabilire la qualità di questa dipendenza dai testi antichi, ad esempio valutando la misura delle rilavorazioni testuali. Sembra certo che in alcuni casi vengano conservati dettagli specifici, come ad esempio nel tentativo di rendere lo stupore dei presenti nel momento in cui Priamo si reca da Achille per riavere il corpo di Ettore; oppure nella narrazione delle vicende di Neottolemo in rapporto all’Andromaca di Euripide. Phillippo verifica poi l’impatto di Virgilio, di Ovidio e delle tragedie di Seneca sulla letteratura medioevale e riflette sulla possibilità che abbiano veicolato a loro volta elementi rilevanti della tragedia greca. In questi e in altri casi ancora l’autrice accosta minuziosamente passi originali e brani di autori medioevali, che, a loro volta, vengono sottoposti a un efficace confronto in parallelo; se è vero che si trattò di una ricezione intermittente, di grado e di qualità differenti, pur sempre i testi greci dovettero incidere su questo ambito della letteratura medioevale.

 

           Jörg Fündling (Das Spiel mit den Blitzen. Funktionen der antiken Götterwelt für die Gegenwartsliteratur, pp. 47-87) prende invece in esame forme e modi della presenza della mitologia classica nella letteratura degli ultimi anni, in particolare nel mondo anglosassone. Si parla perciò della trilogia Hunger games (2008-2010) di Suzanne Collins, come anche del film che ne venne tratto sotto la direzione di Gary Ross (2010); si esamina poi Aphrodite’s Trojan Horse (1996) di Amy Myers, Gods Behaving Badly (2008) di Marie Phillips, The Infinities (2009) di John Banville, il recentissimo Vor der Zeit: Korrekturen (2013) di Christoph Hein; infine la serie di Percy Jackson & The Olympians di Rick Riordan, compresi i film che ne sono derivati. Per tutte queste opere l’autore dà conto delle trame, ma soprattutto analizza in modo attento e meticoloso brani e passaggi, in particolare i dialoghi. Ne esce un quadro per nulla uniforme, ma non per questo meno interessante, della ricezione dell’Antico nella letteratura contemporanea. Prima di tutto si può constatare che la mitologia greca viene inserita in generi anche molto diversi tra loro: il racconto, il genere “fantasy”, la “crime fiction”, la commedia. A parte il caso delle riscritture dei miti antichi in Christoph Hein, il denominatore comune sembra essere il tentativo di inscrivere le figure del mito nell’attualità (se non addirittura nel futuro) e nel contesto della cultura occidentale: gli dèi non interferiscono più con gli Antichi, ma con noi moderni. Le distopie, le contaminazioni (se non addirittura i sincretismi), le sovrapposizioni cronologiche sono dunque all’ordine del giorno; e naturalmente sono altrettanto frequenti i rischi: banalizzazioni, imprevisti esiti comici, il kitsch. Verrebbe da dire che non è troppo difficile passare dagli eroi antichi ai supereroi dell’immaginario contemporaneo. Ma c’è spazio anche per testi come quello di Banville in cui gli dèi, specificamente Hermes, assumono un rilievo tutt’altro che scialbo e, anzi, offrono il destro per una indiretta riflessione sul senso della religiosità antica.

 

        Peter Van Nuffelen (Sind die Mazedonier Griechen? Über Forschungsgeschichte und Nationalismus, pp. 88-106) affronta il tema quanto mai “caldo” del rapporto tra ricerca storica e attualità politica a proposito dell’indipendenza della Macedonia (1991) – più esattamente Former Yugoslav Republic of Macedonia (FYROM) – dopo lo sfaldamento della Yugoslavia. La vicenda non ha soltanto dato luogo a un contenzioso con la Grecia a proposito del nome del nuovo stato, ma ha, di fatto, posto il problema della sua identità nazionale in rapporto alla storia del territorio nell’antichità. Si apre così una serie di domande, a cominciare da quella cruciale sulla identità degli antichi Macedoni in rapporto alla storia e alla cultura dei Greci. Van Nuffelen ripercorre la storia degli studi al riguardo, in particolare nell’area anglosassone e tedesca; vengono perciò riesaminate le differenti posizioni di storici come Temple Stanyan, William Mitford, George Grote, Georg Niebuhr, Gustav Droysen e viene anche rivisto il dibattito svoltosi dopo la seconda guerra mondiale. Ma mentre si tenta di sciogliere il nodo del rapporto tra Macedoni e Greci in età classica, si profilano domande molto più impegnative: quando parliamo di Grecia e di grecità, che cosa intendiamo esattamente? Come pensiamo che la storia antica debba interagire col presente? Giustamente nota l’autore che il titolo di una mostra recente – Treasures from the Royal Capital of Macedon, an Hellenic Kingdom in the Age of Democracy (Oxford 2011) – rispecchia, nella sua ambiguità, la complessità dei problemi culturali in campo. Nel dibattito sulla Macedonia antica e moderna, insomma, il pericolo è ancora una volta l’intreccio tra ricerca storica e polemica politica, rappresentata in particolare dal linguaggio schematico e sbrigativo del nazionalismo; la storia degli studi può diventare allora una sorta di antidoto al rischio di una perdita della memoria e un mezzo insostituibile per una riflessione approfondita.

 

          Il curatore del volume, Martin Lindner, è anche autore del saggio Germania Nova. Das antike Germanien in neuen deutschen (Dokumentar-)Filmen (pp. 107-142), in cui si studiano i documentari televisivi sulla storia della Germania antica di produzione tedesca negli ultimi cinquant’anni. Giustamente l’autore prende però le mosse dal cinema ed esamina le prime opere connesse a questo tema, a cominciare dal film muto Die Hermannsschlacht (1924) incentrato sugli eventi del 9 d. C. e sulla battaglia di Teutoburgo; lo stesso episodio e la stessa figura di Arminius-Hermann sono al centro di Hermann der Cherusker. Die Schlacht im Teutoburger Wald (1967) diretto da Ferdinando Baldi, con Antonella Lualdi e Hans von Borsody; Lindner (p. 113) riporta integralmente il prologo affidato, come accade anche ad altri momenti del film, a una voce narrante fuori campo. Kampf um Rom di Robert Siodmak – con Orson Welles nella parte di Giustiniano – deriva invece da Ein Kampf um Rom, un romanzo storico scritto da Felix Dahn (1876-1878) e racconta vicende del conflitto tra Ostrogoti e Bizantini.

 

          L’autore passa quindi in rassegna le produzioni televisive riguardanti gli antichi Germani, cominciando da Rom ist in der kleinsten Hütte dei primi anni Ottanta, in tredici episodi. Maggiore spazio viene dedicato a Die Germanen (1984), serie in cinque episodi che iniziava dal IV secolo avanti Cristo fino ai Vichinghi e ai Normanni; Lindner analizza nel dettaglio diversi momenti della serie, mostrando come il dispiegarsi di riferimenti musicali, artistici e letterari raggiunga esiti di qualità differenti, ma soprattutto si iscriva in una visione storica tutto sommato tradizionale.

          

         Con la stessa analisi raffinata (molto attenta ai dialoghi e a elementi apparentemente secondari come l’accompagnamento musicale) Lindner affronta un film per la televisione come Held der Gladiatoren (2003), anche in rapporto al più celebre Gladiator, e il film Die Hermannschlacht. Deutschland im Jahre 9.; Gerhard Polt è invece autore e protagonista di Germanikus (2004), in cui si tratta la storia antica con un tono da parodia, facendo il verso anche al modo in cui il mondo tedesco ha guardato al proprio lontano passato.

 

          I documentari più recenti vengono inquadrati in un più ampio contesto, in cui hanno avuto un peso notevole i recentissimi film sull’antichità classica come Troy o 300. Si parla dunque del documentario Kampf um Germanien. Die Varusschlacht (2009), ma soprattutto di due episodi della serie Reisen in der Vergangenheit (Wie lebten die Bajuwaren? e Die Alamannen, 2008). Degli stessi anni sono i quattro episodi della serie Die Germanen (2007); in precedenza Sturm über Europa (2002) aveva illustrato il tema delle migrazioni di Cimbri e Teutoni, Goti, Unni e Vandali, fino all’età carolingia. L’autore esamina anche la descrizione dell’antico all’interno di un programma televisivo per bambini (Bibliothek der Sachgeschichten). Un caso a sé è il film Die Schlacht am Harzhorn su uno scavo archeologico in Bassa Sassonia nel luogo di una battaglia forse del 235 d. C. Martin Lindner mette a fuoco questo nuovo sguardo verso la storia dell’antica Germania cercando di valutarne i variegati aspetti: il reenactment (soffermandosi in particolare sul gruppo Ulfhednar), i festival, l’archeologia sperimentale, le animazioni al computer; nel frattempo osserva le possibili connessioni con le ideologie, la politica, l’esoterismo, e riflette sulle differenti coniugazioni di educational e di entertainment.

 

           L’ultimo saggio è interamente dedicato allo sport e in particolare al calcio. Klaus Freitag (Antikenrezeption im Spiegel der Namensgebung von modernen Fuflballvereinen, pp. 143-161) svolge una accurata classificazione dei nomi delle società calcistiche tedesche (con un’occhiata anche a quelle olandesi) tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, distinguendo sette tipologie; uno di essi è proprio quello dei nomi programmatici in latino e greco, che a sua volta comprende diverse categorie. La frequenza del ricorso a nomi antichi (Sparta Bremerhafen, per fare un solo esempio) si spiega anche con la componente sociale dei primi praticanti, in buona parte legati al mondo della scuola e dell’università.

 

 


Inhaltsverzeichnis

 

Einleitung, 9-13

Susanna Phillippo (Newcastle upon Tyne) Greek through the back door? Medieval Troy romances and the transmission and reception of Greek literature, 15-46

Jörg Fündling (Aachen) Das Spiel mit den Blitzen. Funktionen der antiken Götterwelt für die Gegenwartsliteratur, 47-87

Peter Van Nuffelen (Gent) Sind die Mazedonier Griechen? Über Forschungsgeschichte und Nationalismus, 88- 106

Martin Lindner (Göttingen) Germania Nova. Das antike Germanien in neuen deutschen (Dokumentar-)Filmen, 107-142

Klaus Freitag (Aachen) Antikenrezeption im Spiegel der Namensgebung von modernen Fußballvereinen, 143- 161

Über die Autoren, 162-163